Gli indifferenti di Alberto Moravia - di Arianna Cordori
Gli Indifferenti di Alberto Moravia è il romanzo con cui
l’autore esordì, pubblicandolo nel 1929. Egli all’epoca viveva in una società
borghese e affermò che la stesura di questa sua prima opera lo aiutò a rendersi
conto della sua condizione nella società.
Infatti emerge in esso una critica antiborghese, nascosta
tra le vicende di una famiglia benestante, composta da cinque persone, di cui
tre fanno parte del nucleo familiare centrale, madre e due figli, le altre due girano
intorno ad esso.
Tutti i personaggi sono
caratterizzati da una indifferenza nei confronti del mondo e della realtà
circostante, sentimento che sfocia in una profonda accidia ed incompetenza
vitale.
Mariagrazia, la madre, rappresenta un aspetto della decadenza borghese. Si accorge
di andare alla deriva, ma non accenna ad alcuna reazione per impedire il
fallimento, la sua società sta perdendo ogni legame con la realtà della vita e
si attacca ai gesti, parole, atteggiamenti più esteriori e insignificanti, per
salvarsi dalla rovina. Ella sogna, invece, soluzioni impossibili, ricchezze e
agi che le permettano di sopravvivere. Non si accorge del disgusto che provoca
nei figli con le sue azioni.
Carla,
la figlia, capisce che l’infanzia è ormai definitivamente conclusa e comprende
che è necessario un atto improvviso e violento per rompere la noiosa e
indifferente quotidianità, è combattuta
però tra il desiderio di «rovinare
tutto» e un senso di paura per le conseguenze. Si rende conto che un
cambiamento drastico darebbe inizio alla sua nuova esistenza. Carla ha così la
capacità di adattarsi ad un mondo borghese, ipocrita e privo di valori.
Michele,
il figlio, si trova nella stessa condizione psicologica della sorella,
vacillante tra una vanità falsa e l’indifferenza, in cui sembra inizialmente
lasciarsi andare senza combattere. In alcuni momenti sembra voler rompere con
la finzione e le menzogne delle persone attorno a lui. Però l’indifferenza lo
sovrasta, rendendo ogni suo tentativo di cambiamento vano. Al contrario di
Carla, egli non può adattarsi, è insensibile davanti agli avvenimenti che
sconvolgono la famiglia. E’ un personaggio nostalgico, cosciente del fatto che
niente può ricondurlo ai valori morali smarriti, infatti egli si rende conto
che adattarsi al presente è possibile soltanto a prezzo della propria
corruzione. In una classe sociale come quella, essere indifferente è forse
l’unica forma di resistenza.
Questa
incapacità lo porta a provare un odio nei confronti di Merumeci che si
trasforma in rispetto e ammirazione, non potendolo detestare realmente a causa
del senso di indifferenza.
Leo Merumeci, ex amante di Lisa,
amante di Mariagrazia e in seguito amante di Carla, è
un personaggio negativo, soggiogato dal gusto della predominanza; tiene legati
a sé i destini degli altri personaggi, agisce sempre con perfidia e furbizia,
in funzione dei suoi interessi. Egli è integrato perfettamente nella vita
borghese corrotta e colma di avidità e cinico piacere, riducendo tutto a sesso
e denaro. In Leo si esaltano, quindi, l’ipocrisia, la falsa coscienza e la
convenzionalità; rispecchia la mentalità del borghese, sicuro di sè, egoista,
bugiardo e scaltro, privo di morale.
Lisa, ex amante
di Leo e cara amica di Mariagrazia, è innamorata del giovane Michele che non la
contraccambia. Spesso è presa di mira dall’amica, è il personaggio meno
influenzante del romanzo.
Le vicende si
svolgono nel periodo del fascismo, in Italia, in luoghi necessariamente
borghesi e in quarantotto lunghissime ore nelle quali fra Carla e Leo comincia
una relazione nel giorno del compleanno della ragazza, segreta e clandestina,
poiché Carla sente il bisogno di cambiare, di iniziare una nuova vita. Lisa, si
innamora di Michele, ma il ragazzo non nutre sentimenti sinceri verso la donna.
Carla e Leo si incontrano di nascosto, ma la sera stessa vengono scoperti in
flagrante da Lisa, la quale non si fa vedere e ne parla con Michele. Il
ragazzo, che non ha mai potuto sopportare Leo già dai tempi della relazione con
la madre, preso dalla collera vuole uccidere l’uomo. Tenta di farlo, con
estrema insensibilità prepara l’omicidio e immagina il futuro processo, compra
una pistola e dei proiettili, ma arrivato a casa di Leo non riesce nell’intento
poiché dimentica di caricare la pistola, questa scena dimostra perfettamente
come Michele è il personaggio più influenzato dall’indifferenza. Il romanzo si
chiude con l’entrata di Carla nella vita borghese, grazie al matrimonio
proposto da Leo, con il rifiuto rassegnato di Michele e il pieno successo di
Merumeci.
Il romanzo è
caratterizzato da un lessico di registro medio alto; il ritmo è lento e il tono
è serio nonostante i fatti e in particolare i personaggi siano messi in
ridicolo frequentemente; il narratore è onnisciente.
Moravia ha sempre
negato che nel suo romanzo fossero presenti istanze sociali o politiche:
tuttavia è evidente che l'indifferenza si carica nel romanzo di caratteristiche
storiche precise: si tratta del conflitto dell'individuo con la vita, ma anche
del conflitto dell'individuo con una determinata società, come dimostra
Moravia, che, in tutto l'arco della sua produzione narrativa, colpirà
successivamente con la sua polemica ironica e fredda, la società borghese del
ventennio fascista, quella violenta del dopoguerra e quella alienata del neocapitalismo
industriale.
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