“Spingendo la notte più in là , storia della mia famiglia e di altre vittime del terrorismo” di Mario Calabresi - di Alessandro Aversa
Il 17 maggio 1972 in via Cherubini a Milano , il commissario Luigi Calabresi uscì di casa dopo aver salutato sua moglie , mentre apriva la portiera della sua cinquecento blu, venne ucciso con 2 colpi di pistola , sparati alle sue spalle .
Il commissario fu una delle prime vittime del terrorismo italiano , in un paese che stava delirando a partire dalla strage di piazza Fontana.
Mario Calabresi ci racconta come ha vissuto lui , i suoi fratelli e sua madre e cosa ricorda di quei giorni bui e tempestosi per il nostro paese , partendo dall’ omicidio di suo padre ,intrecciando i suoi ricordi con quelli di altri familiari di altre vittime del terrorismo.
Il libro si apre con delle “ note per il lettore “ che ricordano nomi di persone e fatti storici ,che spesso vengono dimenticati, legati alla figura di suo padre .
Il commissario Luigi Calabresi era stato assegnato al caso della strage di piazza Fontana .
Durante gli interrogatori , l’anarchico Giuseppe Pinelli volo giù dall’ufficio del commissario e morì.
Anche se Luigi Calabresi venne giudicato estraneo ai fatti riguardanti la morte di Pinelli ,era stato accusato di aver lanciato Pinelli giù dalla finestra anche se in quel momento non si trovava nel suo ufficio , venne messa in moto una sorta di “macchina del fango “ da parte dei mezzi di comunicazione e dei gruppi di estrema sinistra che diedero all’ opinione pubblica l’immagine di un commissario assassino.
Questo linciaggio mediatico-sociale distrusse moralmente Luigi Calabresi e lo mise in pericolo di vita , infatti riceveva minacce e il suo nome era diventato sinonimo di assassino , era diventato il bersaglio preferito di movimenti di estrema sinistra , ad esempio Lotta Continua , che lo descrivevano come un “marine dalla finestra facile “ e chiedeva addirittura la sua morte.
L’autore ci racconta come è stato difficile vivere questa situazione , come è stato crescere senza suo padre e come convive con un passato cosi turbolento.
Il libro ci offre stralci di vita privata , di come l’autore sia riuscito a voltare pagina , come sia riuscito a “ spingere la notte più in là “ , come sua madre ha cresciuto lui e i suoi fratelli “ vaccinati dall’odio” , il coraggio di una vedova che ha deciso di guardare avanti e rifarsi una vita.
La famiglia calabresi negli anni ha partecipato a infiniti processi in tribunale e Mario ci parla di come la politica si comporta nei confronti dei parenti delle vittime del terrorismo, ci racconta dei riconoscimenti postumi attribuiti a sua padre e ci descrive i ricordi della sua adolescenza , passata a ricostruire i giorni quei giorni folli.
Nel libro vengono riportate anche altre storie di vittime del terrorismo e vengono raccontati gli incontri fatti dalla famiglia Calabresi e i parenti di altre vittime .
Si può dire che in questo è contenuto un mix tra una storia famigliare toccante , con svariate testimonianze, e un osservazione sull’aria politica che si respirava a quei tempi con uno sguardo critico sulle contraddizioni italiane nella gestione del terrorismo .
Il libro si chiude con una riflessione o meglio (secondo me) con un consiglio dell’autore:
“Bisognava scommettere tutto sull’amore per la vita , non ho più cambiato idea “
Aversa Alessandro
Il commissario fu una delle prime vittime del terrorismo italiano , in un paese che stava delirando a partire dalla strage di piazza Fontana.
Mario Calabresi ci racconta come ha vissuto lui , i suoi fratelli e sua madre e cosa ricorda di quei giorni bui e tempestosi per il nostro paese , partendo dall’ omicidio di suo padre ,intrecciando i suoi ricordi con quelli di altri familiari di altre vittime del terrorismo.
Il libro si apre con delle “ note per il lettore “ che ricordano nomi di persone e fatti storici ,che spesso vengono dimenticati, legati alla figura di suo padre .
Il commissario Luigi Calabresi era stato assegnato al caso della strage di piazza Fontana .
Durante gli interrogatori , l’anarchico Giuseppe Pinelli volo giù dall’ufficio del commissario e morì.
Anche se Luigi Calabresi venne giudicato estraneo ai fatti riguardanti la morte di Pinelli ,era stato accusato di aver lanciato Pinelli giù dalla finestra anche se in quel momento non si trovava nel suo ufficio , venne messa in moto una sorta di “macchina del fango “ da parte dei mezzi di comunicazione e dei gruppi di estrema sinistra che diedero all’ opinione pubblica l’immagine di un commissario assassino.
Questo linciaggio mediatico-sociale distrusse moralmente Luigi Calabresi e lo mise in pericolo di vita , infatti riceveva minacce e il suo nome era diventato sinonimo di assassino , era diventato il bersaglio preferito di movimenti di estrema sinistra , ad esempio Lotta Continua , che lo descrivevano come un “marine dalla finestra facile “ e chiedeva addirittura la sua morte.
L’autore ci racconta come è stato difficile vivere questa situazione , come è stato crescere senza suo padre e come convive con un passato cosi turbolento.
Il libro ci offre stralci di vita privata , di come l’autore sia riuscito a voltare pagina , come sia riuscito a “ spingere la notte più in là “ , come sua madre ha cresciuto lui e i suoi fratelli “ vaccinati dall’odio” , il coraggio di una vedova che ha deciso di guardare avanti e rifarsi una vita.
La famiglia calabresi negli anni ha partecipato a infiniti processi in tribunale e Mario ci parla di come la politica si comporta nei confronti dei parenti delle vittime del terrorismo, ci racconta dei riconoscimenti postumi attribuiti a sua padre e ci descrive i ricordi della sua adolescenza , passata a ricostruire i giorni quei giorni folli.
Nel libro vengono riportate anche altre storie di vittime del terrorismo e vengono raccontati gli incontri fatti dalla famiglia Calabresi e i parenti di altre vittime .
Si può dire che in questo è contenuto un mix tra una storia famigliare toccante , con svariate testimonianze, e un osservazione sull’aria politica che si respirava a quei tempi con uno sguardo critico sulle contraddizioni italiane nella gestione del terrorismo .
Il libro si chiude con una riflessione o meglio (secondo me) con un consiglio dell’autore:
“Bisognava scommettere tutto sull’amore per la vita , non ho più cambiato idea “
Aversa Alessandro
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