“Il nome della rosa” di Umberto Eco - scheda libro di Matteo D'Andrea
TITOLO: “Il nome della rosa”
AUTORE: Umberto Eco
DATA 1°
PUBBLICAZIONE: 1982
GENERE: I due generi principali sono il
romanzo storico e il giallo.
AMBIENTAZIONE: La vicenda si svolge interamente in
un’abbazia dell’Italia settentrionale. Più precisamente, vengono descritti i
vari luoghi di cui essa è composta (scriptorium, biblioteca, chiesa, balnea
ecc.)
PERSONAGGI:
·
Guglielmo,
un monaco inglese nonché ex inquisitore, il quale è incaricato di indagare
sulla morte prima di Adelmo e poi degli altri monaci.
·
Adso,
un novizio proveniente dall’abbazia di Melk, che diventerà partecipe delle
avventure di Guglielmo in quanto suo discepolo e scrivano.
·
L’abate
Abbone, personaggio con il potere assoluto sull’abbazia e su tutti coloro che
ci vivono.
·
Malachia,
il bibliotecario, ovvero colui che ha accesso alla biblioteca dell’abbazia e
consegna i libri a chi li richiede, purché essi siano ritenuti adatti.
·
Berengario,
l’aiuto bibliotecario, si occupa della gestione della biblioteca, di cui, condivide, in parte, i segreti con Malachia.
·
Salvatore,
personaggio molto strano, in quanto si aggira per l’abbazia parlando una strana
lingua “mista”.
·
Il
cellario Remigio, nel corso della vicenda si scoprirà essere un ex dolciniano
così come Salvatore e per questo verrà torturato.
·
Adelmo,
un monaco dell’abbazia trovato morto in un dirupo.
·
Venanzio,
un miniatore di cui viene trovato il cadavere nell’orcio riempito di sangue di
maiale dai porcai.
·
Jorge,
il secondo monaco più anziano, la sua caratteristica è il fatto di essere
cieco.
·
Alinardo,
il monaco più vecchio dell’abbazia, che viene troppo spesso considerato demente
per la sua età.
·
Severino
l’erborista, custodisce sia le erbe destinate alla cura dei monaci sia i
veleni.
·
Nicola
il vetraio, che riesce a produrre un paio di “occhiali” da vista per Guglielmo.
·
Bencio,
personaggio che, prima aiuta Guglielmo con importanti rivelazioni, poi baratta
il libro misterioso con la carica di aiuto bibliotecario.
·
Bernardo
Gui, anch’egli incaricato di fare indagini all’abbazia. Il suo scopo non è di
giungere alla verità, ma di trovare un capro espiatorio.
·
Ubertino,
un vecchio amico di Guglielmo.
RIASSUNTO:
PROLOGO
Il libro ha inizio con un prologo nel quale Adso, il
narratore dell’intera vicenda, prima si presenta e fornisce indicazioni
storiche sul 14° secolo, periodo in cui si svolgono le vicende di questo
romanzo, poi, descrive Guglielmo da Baskerville, un francescano inglese che
sarà il suo maestro e lo seguirà nella difficile missione che sta per
intraprendere.
PRIMO GIORNO
PRIMO GIORNO
Guglielmo e Adso arrivano nei pressi dell’abbazia (situata
nell’Italia settentrionale) e il maestro dà subito prova delle sue grandi
abilità di osservazione, aiutando i monaci a ritrovare un cavallo scomparso.
Subito dopo, i due vengono accompagnati dal cellario nel loro alloggio e qui
Guglielmo ha il primo colloquio con l’abate di nome Abbone. Il loro scopo è
quello di indagare sulla morte di un monaco di nome Adelmo avvenuta poco tempo
prima. Un’osservazione di Gugliemo pare escludere il suicidio, ma nessuna
ipotesi può essere scartata prima di averne la certezza. L’unico impedimento
che viene imposto al francescano è quello di non entrare in biblioteca. Il
primo giorno procede con una visita dell’intera abbazia dove ha la possibilità
di incontrare molte persone (Salvatore un personaggio strano, Ubertino amico di
Guglielmo, Severino l’erborista, Malachia il bibliotecario, Jorge e Venanzio,
due monaci che stanno discutendo) ma con pochi avvenimenti significativi. A
compieta i due nuovi arrivati vengono presentati alla comunità e per finire
Guglielmo ha una discussione sul riso con il cieco Jorge De Burgos.
SECONDO GIORNO
A mattutino si riuniscono tutti i monaci in chiesa e qui
viene appresa la notizia della morte di un uomo. Guglielmo raggiunge il luogo
del delitto e nell’orcio contenente il sangue dei maiali viene ritrovato il
corpo di Venanzio. Dopo un’analisi di Severino, si scopre che il corpo non ha
contusioni, perciò Guglielmo prende informazioni sul laboratorio di
erboristeria presente nell’abbazia per sapere se ci sono eventuali erbe
velenose senza però ottenere risposte soddisfacenti. Sfruttando il caos
generale, Guglielmo interroga Bencio da Upsala, il quale informa l’investigatore
che Adelmo e Venanzio avevano dialogato con Berengario (l’aiuto bibliotecario)
due giorni prima della morte di Adelmo. Guglielmo sfruttando queste rivelazioni
ottiene da Berengario la confessione di essere stato l’ultimo a vedere Adelmo
in vita. Più tardi i due si recano nello scriptorium e vi è un’altra
discussione sul riso tra Guglielmo e Jorge, poi riappare Bencio che chiede
all’inglese di parlare in privato. Raggiunti i balnea, Bencio racconta che
Berengario è un omosessuale e aveva promesso ad Adelmo di svelargli un segreto
in cambio di una notte insieme. Poi però il miniatore preso dai sensi di colpa
si era confessato da Jorge ed era andato a pregare in chiesa, seguito da
Berengario ma anche da Venanzio. Bencio termina il suo racconto e Guglielmo tira
le somme. Prima di compieta, Adso e Guglielmo incontrano Alinardo, il monaco
più anziano, che gli rivela come raggiungere la biblioteca di notte. Finita la
cena, i due riescono ad arrivare nello scriptorium grazie al passaggio
indicatogli da Alinardo, qui però non sono soli, infatti un terzo soggetto ruba
le lenti di Gugliemo e un libro dal tavolo di Venanzio e riesce a fuggire. Poi,
Adso, involontariamente, avvicina la fiamma del lume ad un foglio con degli
appunti di Venanzio, su cui appare una scritta che lo stesso novizio ricopia su
una tavoletta. In seguito, i due, si recano in biblioteca e per poco non si
perdono, dato che questa era un fitto labirinto e per di più con degli
accorgimenti per spaventare i curiosi (tra cui delle sostanze allucinogene e
uno specchio deformante). Usciti miracolosamente, essi si recano alla loro
cella e qui l’abate li informa che Berengario non era presente a compieta e a
mattutino.
TERZO GIORNO
Tutti sono alla ricerca di Berengario, ma senza risultati,
intanto Guglielmo si dirige dal vetraio e Adso si addormenta in chiesa.
Svegliatosi si reca prima allo scriptorium e poi in cucina dove incontra
Salvatore e si fa raccontare la sua vita. Per caso Adso fa il nome di Fra
Dolcino e Salvatore cambia notevolmente atteggiamento per poi allontanarsi con
un pretesto. Adso, ritrova il suo maestro da Nicola, il vetraio e chiede
spiegazioni sulle varie sette eretiche, ma
viene interrotto perché l’abate richiede un colloquio. Mentre si recano
da lui, Guglielmo rivela ad Adso di aver decifrato la scritta apparsa sul
foglio di Venanzio: “La mano sopra l'idolo opera sul primo e sul settimo dei
quattro”. Raggiunto l’abate, questo gli comunica di aver ricevuto una lettera
dall’abate di Conques, secondo cui, Bernardo Gui sarebbe stato a capo dei
francesi inviati all’abbazia e inoltre lo stesso Bernardo, in caso di
fallimento di Guglielmo, avrebbe dovuto eseguire altre indagini all’abbazia.
Dopo essersi congedati, i due si avvicinano all’Edificio e cercano di capire la
logica del labirinto solo osservando le finestre e la forma delle stanze. Dopo
aver cenato Adso, ormai troppo curioso di conoscere la storia di fra Dolcino,
si reca in chiesa e finalmente ottiene una risposta da Ubertino. Il novizio
dopo il colloquio decide di avventurarsi da solo in biblioteca, giunto nello
scriptorium, trova un libro su fra Dolcino e poi rimane colpito da alcune
miniature su altri libri. Per questo, confuso, decide di scendere in cucina e
identifica sul pavimento due ombre, una delle quali fugge. Quella rimasta è una
fanciulla con la quale il povero Adso, stordito e frastornato, ha un rapporto
carnale. Infine dopo essersi svegliato, trova un involto appartenente alla
ragazza con all’interno un grande cuore, quindi sviene. Guglielmo ritrova Adso
e quest’ultimo confessa il suo peccato, intanto il maestro ipotizza che la
seconda ombra corrisponda al cellario o a Salvatore. I due si recano in chiesa
e qui trovano Alinardo, il quale accenna alle sette trombe dell’Apocalisse e in
particolare alla terza che si riferisce alle fonti e ai fiumi, che fanno venire
in mente ad Adso i balnea dove, infatti, rinvengono il cadavere di Berengario.
QUARTO GIORNO
Guglielmo e Severino esaminando il cadavere scoprono che,
sia i polpastrelli che la lingua di Berengario, sono scuri (cosa notata anche
su Venanzio), perciò l’ipotesi di un veleno è quasi sicura e l’erborista
ricorda che gliene era stato sottratto uno molto potente diversi anni prima.
Guglielmo interroga prima Salvatore che rivela di essere stato un dolciniano
così come il cellario e di aver introdotto la ragazza nell’abbazia. Poi, per
conferma l’investigatore si reca anche dal cellario, il quale confessa, in
aggiunta, che Malachia sapeva la sua storia. Il discorso è interrotto da
Severino che porta a Guglielmo le lenti che gli erano state rubate e dice di
averle trovate nel saio di Berengario. Era stato, quindi, l’aiuto bibliotecario
ad impossessarsi del libro di Venanzio. Guglielmo ottenuto un secondo paio di
lenti dal vetraio, si ritira per decifrare la parte restante del foglio di
Venanzio. Poco dopo, Adso, incontra Guglielmo, che dice di aver decifrato il
messaggio: si tratta di appunti in greco riguardanti il libro misterioso.
All’abbazia giungono tutte le varie legazioni tra cui quella di Bernardo Gui e
quella di Michele da Cesena. Aspettando l’ora di cena, Adso e Guglielmo si
imbattono nuovamente in Alinardo, il quale racconta che sarebbe dovuto
diventare bibliotecario, ma un altro uomo “entrato nel mondo delle tenebre”, lo
aveva spodestato. Dopo compieta i due intraprendono un altro viaggio in
biblioteca e segnano su una tavoletta le iniziali del versetto caratteristico
di ogni stanza, fino a capire che, tali lettere, messe insieme, formavano i
nomi delle parti del mondo (HIBERNIA, ROMA ecc.) poi identificano la collocazione
del finis africae, l’unica stanza senza un’entrata e perciò cercano invano un
passaggio segreto. Usciti dal solito passaggio dell’ossario i due si imbattono
in Salvatore e nella ragazza (che era stata con Adso), che vengono catturati
dagli arcieri , accusati di stregoneria.
QUINTO GIORNO
Nella sala capitolare avviene l’incontro fra la delegazione
papale e quella francescana, mentre nel mezzo stavano l’abate e il cardinale
Bertrando. Le due fazioni hanno una discussione sulla povertà di Gesù durante
la quale Adso e Guglielmo preferiscono uscire. I due incontrano Severino che
vorrebbe parlargli in un luogo sicuro, ma Guglielmo non si può allontanare e
quindi l’erborista gli rivela a bassa voce di aver trovato il libro di
Venanzio. L’investigatore richiamato nella sala capitolare, gli ordina di
rinchiudersi nell’ospedale e chiede ad Adso di seguire Jorge, che era riuscito
ad udire la conversazione. Il novizio, però, vede Jorge andare nella direzione
sbagliata e decide di seguire il cellario, che invece stava pedinando Severino.
Adso ritorna verso la sala capitolare e ha un rapido dialogo con Bencio,
dopodiché riferisce il tutto al suo maestro. Nella sala riprende il dibattito e
Guglielmo espone le tesi imperiali, fa poi il suo ingresso il capo degli
arcieri che comunica a Bernardo qualcosa di brutto, Guglielmo subito intuisce
di cosa si tratta. Il corpo sfigurato dell’erborista viene trovato
nell’ospedale ed il primo indiziato è il cellario perché stava rovistando tra i
libri di Severino prima di essere colto in fallo. Nel frattempo, sopraggiunge
Bencio, il quale è convinto di non aver visto entrare Malachia e che quindi il
bibliotecario era già nella stanza nascosto da una tenda. Guglielmo e Adso
iniziano la ricerca del libro di Venanzio, il quale in base agli appunti
ritrovati, doveva essere in greco, ma Guglielmo capisce che, in realtà, il
titolo era in arabo ed era uno di quelli scartati. Quando si accorgono del loro
errore decidono di tornare a prenderlo, ma non lo trovano più. Segue il
processo del cellario che sotto tortura rivela sia di essere un eretico
dolciniano che l’assassino dei tre monaci. A cena, Bencio rivela a Guglielmo di
aver dato il libro a Malachia in cambio del ruolo di aiuto bibliotecario.
SESTO GIORNO
In mattinata tutti i monaci si riuniscono per pregare, ma il
posto di Malachia è vuoto e tutti hanno un brutto presentimento che si dilegua
quando il bibliotecario arriva in chiesa. Poco tempo dopo, però, egli cade al
suolo con le dita e la lingua nera, Guglielmo riesce a sentire le sue ultime
parole riguardanti il veleno di mille scorpioni. L’abate nomina Nicola come
nuovo cellario mentre Berengario dovrà vigilare sui monaci. Guglielmo e Adso
seguono Nicola nella cripta e parlano con lui. Egli racconta loro delle
successioni di abati e bibliotecari avvenute in passato e di come il
bibliotecario divenga automaticamente abate, fatta eccezione per Abbone,
ritenuto un raccomandato. Egli fu preceduto da Paolo da Rimini, mentre
bibliotecario era Roberto da Bobbio, il quale aveva un'aiutante; dopo quest'ultimo
divenne bibliotecario Malachia. In seguito Adso va in chiesa e durante il canto
del Dies Irae ha una visione nella quale ci sono vari personaggi della Bibbia e
dell’abbazia, che partecipano ad una strana festa. Adso si sveglia e racconta
il sogno a Guglielmo il quale lo trova rivelatore per la sua indagine. I due si
recano in biblioteca e grazie alle diverse calligrafie dei bibliotecari,
Guglielmo comprende l’esistenza di un bibliotecario sconosciuto, probabilmente
quello odiato da Alinardo, che pare si fosse guadagnato l’incarico per aver
portato dei rari libri da Silos. Poi giunge Bencio che si sente in pericolo e
rivela il materiale di cui è fatta la parte in greco del libro di Venanzio,
ovvero pergamina de pano. Dopo queste scoperte Adso e il suo maestro vanno a
parlare con l’abate, il quale li assolve dall’incarico, ma Guglielmo, alquanto
arrabbiato, dopo essersi congedato promette di risolvere il caso entro
sera. Adso, invece, viene incaricato di
sorvegliare le stalle, luogo designato dal prossimo versetto dell’Apocalisse,
mentre il suo maestro si ritira per riposare. A vespro, i due si recano in
chiesa per pregare e questa volta sono assenti Jorge e Alinardo, finita la
preghiera Adso e Guglielmo restano in chiesa e non vedono più uscire Abbone il
quale di sera chiudeva l’edificio. Quindi, si recano alle stalle e Adso citando
una frase di Salvatore rivela involontariamente a Guglielmo la soluzione del
codice di Venanzio (“Secretum finis Africae manus supra idolum
age primum et septimum de quatuor”) che si riferisce alle lettere Q ed R della parola "quatuor",
la quale fa parte del cartiglio sopra lo specchio nella stanza cieca
identificata nei giorni precedenti. Quindi, si precipitano nel passaggio
dell’ossario e sentono dei colpi provenire dalla parete, come se qualcuno
avesse usato un secondo passaggio, bloccato però in cima da quello dello
specchio. Finalmente Guglielmo e Adso penetrano nel finis africae.
SETTIMO GIORNO
In questa stanza segreta trovano Jorge ad attenderli e
Guglielmo ricuce l’ordine degli eventi. Jorge, molto tempo prima, aveva rubato
a Severino il potente veleno e ne avevo cosparso le pagine in greco del libro
misterioso. Infatti chiunque volesse sfogliarlo doveva prima inumidirsi le dita
fino a suicidarsi, così fa Venanzio, che colto da un malumore va in cucina a
bere un sorso d’acqua e lì muore. Il suo corpo viene trovato da Berengario che
essendo molto confuso decide di gettare il cadavere nell’orcio, sperando che
tutti credano alla morte per annegamento. Stessa fine di Venanzio, fa
Berengario, il quale, curioso, inizia a leggere il libro e poco dopo sentendosi
male va a rilassarsi nei balnea. Il libro, invece, viene abbandonato da
Berengario tra quelli di Severino nell’ospedale, infatti l’erborista corre
subito a chiamare Guglielmo e gli rivela la sua scoperta a bassa voce. Jorge,
però, udita la conversazione si reca da Malachia e lo istiga ad uccidere
l’erborista, che a detta di Jorge si era concesso a Berengario. Il geloso
bibliotecario esegue gli “ordini” di Jorge, ma anche lui viene ucciso dalla sua
stessa curiosità, infatti terminata la lettura del libro, Malachia si reca in
chiesa e muore. L’ultimo a morire è l’abate, che si trova in un passaggio di
cui Jorge ha bloccato il meccanismo di apertura e chiusura. Il movente che ha
spinto Jorge ad uccidere tante persone è quello di impedire la lettura del
libro misterioso, ovvero il secondo libro della poetica di Aristotele, nel
quale il riso è elevato ad arte. Secondo il folle assassino, l’irrisione
implicherebbe la distruzione del principio di autorità e sacralità del dogma.
Jorge, però non ha ancora terminato la sua opera, in quanto inizia a mangiare
ad una ad una le pagine del libro e in aggiunta con un lume dà fuoco prima ad
una pila di libri e in seguito, per mezzo dell’opera del vento, all’intera
abbazia.
ULTIMO FOLIO
L’abbazia brucia per tre giorni e tre notti. Adso si separa
dal suo maestro a Monaco, luogo in cui sarebbe arrivato l’imperatore; Guglielmo
morirà nel 1350 per la peste. Adso diversi anni dopo la distruzione
dell’abbazia, decide di ritornarci e rinviene alcuni frammenti di pergamena che
conserverà fino alla sua morte.
COMMENTO:
Devo
ammettere che questo libro mi ha stupito, perché l’autore è riuscito a
conciliare in modo perfetto le vicende storiche del 14° secolo con gli
avvenimenti dell’abbazia, creando un buon compromesso tra il genere storico e
il giallo. La storia risulta tanto avvincente quanto elaborata e in certi punti
può essere compresa solo se si presta una grande attenzione ai particolari.
Leggendo questo libro, mi sono davvero immedesimato nel protagonista, iniziando
a pensare come lui e a dubitare di tutti i vari personaggi. Solo al termine del
romanzo si viene a scoprire tutta la verità sull’abbazia e i suoi segreti, con
una precisa e chiara ricostruzione. Inoltre il libro risulta incalzante e
costringe il lettore a “divorare” una pagina dopo l’altra, in quanto si viene a
creare una grande curiosità, pari a quella dell’investigatore. Il punto che più
mi ha colpito è quello in cui Adso si lascia andare alla
passione per una donna, ciò, a mio modo di vedere, tende a evidenziare la
debolezza dell’uomo di fronte a tutto quello che è proibito. Per quanto
riguarda il lessico utilizzato, ci sono diverse frasi in latino, che tendono a
rendere verosimile il racconto, riproponendo, quindi, non solo i luoghi ma
anche la lingua tipica del periodo. Consiglio vivamente la lettura di questo
testo a tutti coloro che desiderano approfondire le proprie conoscenze su
questo periodo storico e allo stesso tempo vogliono immergersi in un bel
mistero.
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