"Spingendo la notte più in là" di Mario Calabresi - di Mara Ghilarducci
Il libro, scritto da Mario Calabresi, figlio del commissario Luigi Calabresi, parla dell'evento che portò alla morte del padre, basato su un errore: infatti il commissario venne accusato dell'omicidio di Pinelli, un'anarchico che al momento della sua morte si trovava in una stanza del commissariato di polizia, dove si pensa abbia avuto un malore e, perdendo l'equilibrio, sia scivolato sulla ringhiera della finestra da cui è caduto. Ma le ipotesi di allora riguardo la sua morte esclusero il suicidio di Pinelli, che era un uomo soddisfatto della propria vita. Per questo, cominciò a diffondersi il sospetto di un omicidio, da parte appunto del commissario Calabresi (e altri), che in quel momento sarebbe dovuto essere in quella stanza. Questo portò l'innocente a vivere eventi difficili, che si concretizzarono in minacce scritte sui muri o proteste per le strade. Anche la famiglia, composta dalla moglie, due figli e un terzo in arrivo, subì dei cambiamenti nella propria vita spensierata, che di fatto non fu più tale. Anche in tribunale, in un primo momento, Calabresi venne considerato colpevole di omicidio. Ed ecco che un mattino, mentre il commissario apriva la macchina per recarsi al lavoro, qualcuno gli spara, spegnendo la sua vita di ottimo padre, marito, poliziotto e la sua personalità da persona brillante. Tre anni dopo la sua morte, il giudice lo ritenne non colpevole dell'omicidio di Pinelli e lo sciolse dalle accuse, in quanto si era dimostrato che in quel momento il commissario non si trovava neanche in quella stanza. Diversi anni più tardi, poi, Marino si dichiarò colpevole dell'assassinio di Calabresi, incolpando altri compagni: iniziò un periodo di diverse sentenze in tribunale, che si concluse con il riconoscimento definitivo di colpevolezza di tutti gli imputati.
Il figlio del commissario utilizza questa storia per illustrare ciò che lui e la sua famiglia sono stati costretti a subire: un evento tragico che ha però reso i legami ancora più forti, grazie aduna madre che è riuscita a portare avanti la sua vita e altre tre,trasmettendo ai figli un grande senso di coraggio . È questo anche il motivo del titolo del libro “spingendo la notte più in là” , riferito al volere appunto “spingere”, allontanare la paura, la tristezza e il ricordo della morte; allontanare il buio che può oscurare tutta una vita. Mario Calabresi ci illustra inoltre come affrontare un simile evento, cercando di guardare sempre oltre e non soffermarsi a ciò che c'è di negativo in esso; il consiglio è di ricordare nel bene ciò che non c'è più e continuare la propria vita per la persona cara. Questo è ciò che alcune famiglie e persone hanno seguito. Altre invece hanno scelto un'altra strada, quella del dolore e della sofferenza, che le ha portate ad una vita triste e vuota. Le vittime del terrorismo sono quindi classificate da M. Calabresi in maniera differente, a seconda della loro reazione alla perdita di una persona. Quelli vissuti in quindi anni sono i famosi “anni di piombo”, che videro un'enorme strage e tanti pianti e sofferenza in Italia.
Il figlio del commissario utilizza questa storia per illustrare ciò che lui e la sua famiglia sono stati costretti a subire: un evento tragico che ha però reso i legami ancora più forti, grazie aduna madre che è riuscita a portare avanti la sua vita e altre tre,trasmettendo ai figli un grande senso di coraggio . È questo anche il motivo del titolo del libro “spingendo la notte più in là” , riferito al volere appunto “spingere”, allontanare la paura, la tristezza e il ricordo della morte; allontanare il buio che può oscurare tutta una vita. Mario Calabresi ci illustra inoltre come affrontare un simile evento, cercando di guardare sempre oltre e non soffermarsi a ciò che c'è di negativo in esso; il consiglio è di ricordare nel bene ciò che non c'è più e continuare la propria vita per la persona cara. Questo è ciò che alcune famiglie e persone hanno seguito. Altre invece hanno scelto un'altra strada, quella del dolore e della sofferenza, che le ha portate ad una vita triste e vuota. Le vittime del terrorismo sono quindi classificate da M. Calabresi in maniera differente, a seconda della loro reazione alla perdita di una persona. Quelli vissuti in quindi anni sono i famosi “anni di piombo”, che videro un'enorme strage e tanti pianti e sofferenza in Italia.
Commenti
Posta un commento