Riflessione sul film “Centochiodi” di Ermanno Olmi - di Teresa Vecchio

Riflessione sul film “Centochiodi” di Ermanno Olmi
Il film tratta di un professore di filosofia che una notte decide di inchiodare cento testi al pavimento della prestigiosa biblioteca dell’Università in cui insegna, utilizzando cento spessi chiodi di ferro. Libri a cui il priore della scuola aveva dedicato l’ intera esistenza.
Il film principalmente contrappone queste due figure che verso la lettura e i libri prevedono due opinioni discordanti. Il priore in questi trova consolazione, compagnia e persino la propria famiglia, la conoscenza, il sapere e quindi la serenità dell’animo; per lui sono tutto e gli sono sufficienti. Il professore invece , nonostante anch’egli fosse grande conoscitore di filosofia e non solo, si sente vuoto, privo di un’effettiva esperienza di vita, così decide apparentemente di vendicarsi sui quei libri che glielo hanno impedito. Egli infatti simula il proprio suicidio e si trasferisce in un rudere presso le rive del Po, accolto calorosamente dagli abitanti del posto ai quali presto si affeziona. Tra questi sembra finalmente cominciare a sentire l’emozione della vera vita, nella sua semplicità composta di fatiche, soddisfazioni, amicizie e amori. La polizia però in breve lo trova e lui, costretto agli arresti domiciliari, scompare, lasciando i paesani in attesa del suo ritorno che però non avverrà mai. Durante la cattura il professore rincontra il priore e i due discutono: il giovane sostiene con fermezza che la conoscenza di tutto il sapere del mondo non vale minimamente quanto una tazza di caffè presa in compagnia di un amico, che, sì, i libri hanno la loro importanza, ma questi non bastano, non parlano da soli. La vendetta quindi non ricade propriamente e direttamente sulla lettura, ma sul bigottismo religioso e politico che spesso molti adoperano e profetizzano servendosi appunto dei libri.
Il professore infatti riscopre  il senso della propria esistenza solamente grazie alla semplicità della genuina umanità che alcuni paesani mostrano nei suoi confronti con una sorprendente naturalezza. Personalmente il film non mi ha entusiasmato, ne’ ne ho compreso il finale, ma concordo sul fatto che i libri siano sì necessari, in quanto possiedono anch’essi parte dell’esperienza della vita dai quali difatti è possibile trarre e trattenere molto;  ma è altrettanto vero che questi non parlano da soli e non sono sufficienti, e il senso profondo di un’esistenza non si può chiudere interamente nei confini delle pagine di un testo.
Vecchio Teresa

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