“Verso le periferie esistenziali, qualsiasi esse siano” L’esortazione di Papa Francesco per tutti - di Claudia Rivoletti

“Verso le periferie esistenziali, qualsiasi esse siano”
L’esortazione di Papa Francesco per tutti.
Dopo aver sentito l’esortazione del Papa, a più riprese ho avuto modo di sentir parlare di periferie esistenziali da televisione, quotidiani e giornali. Ma cosa vuol dire davvero andare verso periferie esistenziali? cosa sono?
Con il termine “periferie esistenziali” penso si intenda quell’insieme di circostanze personali, sociali e ambientali che inducono le persone a trovarsi ai margini di una vita pienamente vissuta.
Le condizioni che determinano queste periferie esistenziali possono essere molti. Fra essi occupano un posto di rilievo la crisi economica, che porta un datore di lavoro a licenziare un padre che deve crescere i figli e provare a dargli un futuro; la mancanza di lavoro, che causa disoccupazione giovanile che a giugno ha toccato il 43,7%, secondo i dati provvisori dell'Istat.
Egitto, Sud Sudan, Afghanistan, Ucraina, Israele, Colombia. Sono solo alcuni dei 64 Paesi nel mondo coinvolti in una guerra, che costringe una madre a imbarcare il figlio per un posto sconosciuto su un barcone che potrebbe affondare e ucciderlo, nel tentativo disperato di dargli un futuro migliore, una speranza. In questi Paesi le ostilità armate provocano la morte di centinaia di migliaia di persone e di bambini innocenti che avrebbero il pieno diritto di vivere.
Periferia esistenziale è anche la povertà di un senzatetto che non è sicuro di poter avere un pasto caldo e quella di un bambino che non può andare a scuola perché, nel suo Paese, i suoi genitori non possono pagargli i libri o un ragazzo che non può avere il diritto di un padre e una madre che vivono sotto lo stesso tetto, a causa del divorzio dei genitori, dovuto il più delle volte dalla perdita di valori fondamentali, come il rispetto e la comprensione reciproca.
Può essere definita “periferia esistenziale” anche la condizione di una donna che, in una società ancora lontana dall’ aver accettato la parità dei sessi, come sottolinea lo spot pubblicitario di “punto su di te” contro i pregiudizi sulle donne e il maschilismo, non può esprimersi o che, per aver lasciato il fidanzato, rischia di venire picchiata o sfregiata con l’acido, come è successo a Lucia Annibali, e che sarebbe potuto succedere a qualunque altra donna, o, ancora, che vive in un contesto famigliare che la porta ad ammalarsi di bulimia o di anoressia, come evidenzia lo spettacolo “ Non toccare mia sorella” tratto dal libro “Lividi – storie di donne ferite” di Laura Romano.
Esistono, però, tante persone che hanno preso sul serio l’esortazione del Papa, e da anni lavorano nelle periferie esistenziali aiutando le persone in difficoltà.
Come, per esempio, i volontari che accolgono i profughi siriani che arrivano in stazione centrale, dopo un anno di viaggio, alla ricerca di un posto dove vivere; i medici che sono in prima linea contro l’infezione da Virus Ebola e che rischiano ogni giorno la vita per alleviare le sofferenze di sconosciuti; padre Vincenzo Bordo che, dopo 22 anni di missione a Seul in Sud Corea, ha vinto il Premio Ho-Am, il nobel sudcoreano, per il Servizio alla comunità.
Il lavoro e l’operato di queste persone mi ispira molto, sono testimoni importanti che aiutano ad aprire gli occhi su ciò che succede nel mondo e a vedere come la condivisione del bisogno dei più deboli sia una grande possibilità di felicità.
Ma cosa posso fare io in un contesto di tristezza e sconforto?
Ciò che posso fare è per prima cosa non essere insensibile a tutto ciò, ma guardare, stare davanti alla realtà aiutando come posso chi è meno fortunato di me. Aiutando una amica triste per aver litigato con i genitori. Sostenendo un amico che ha i genitori separati e soffre per questa situazione. L’importante è fare in modo che la fiamma della speranza non si spenga mai perché il contrario della tristezza è la disperazione, da cui è difficile riemergere e che porta all’ insicurezza.

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