Le tematiche del libro “L’isola dei due mondi” di Geraldine Brooks - di Matteo D'andrea

“L’isola dei due mondi”, libro di Geraldine Brooks è un vero e proprio assortimento di tematiche che, a mio modo di vedere, sono più attuali di quanto possa sembrare.
Soprattutto per quanto concerne i pregiudizi e la discriminazione razziale/religiosa, questioni più che mai influenti in un mondo come il nostro, tecnologicamente più avanzato di quello in cui vive la protagonista Bethia, ma forse più selvaggio in certi suoi aspetti.
Bethia Mayfield è, come accennato, protagonista e narratrice di questo romanzo, ho apprezzato molto questa scelta narrativa, in quanto permette di apprendere i fatti dalla prospettiva di una ragazza e poi donna, in un periodo storico (XXVII secolo) in cui il genere femminile sottostava ancora a quello maschile.
La protagonista si caratterizza per una spiccata determinazione che la condurrà, seppure solo in parte, a discostarsi dalla condizione delle donne dell’epoca, riuscendo ad ottenere una buona cultura e la libertà di scegliere il proprio marito.
L’infanzia di Bethia è scandita dai lavori di casa e dalle lunghe passeggiate per tutta l’isola di Noepe, l’attuale Martha’s Vineyard.
La vita della protagonista è però segnata anche dalla morte di molte persone a lei care, dapprima del fratello gemello Zuriel, poi dalla scomparsa della madre, della sorella minore Solace (morta tragicamente in tenera età) e infine del padre.
Altro aspetto molto importante e sfondo di tutto il romanzo è la natura, tanto apprezzata da Bethia, che per questo motivo si sente vicina alla cultura degli indigeni piuttosto che a quella degli inglesi.
L’attrazione esercitata dai rituali e dai culti degli indiani è incontrastabile per la protagonista, che in diversi episodi cede e si immerge nell’affascinante “mondo degli spiriti”, a lei estraneo.
Da ciò deriva la convinzione della ragazza che tutto ciò che le è capitato e ha dovuto sopportare non sia altro che una punizione divina per aver infranto i comandamenti ed essersi lasciata attrarre da Satana, infatti lei stessa afferma di aver voluto stilare questo diario “per dare conto dei lunghi mesi che hanno visto il mio cuore disertare il Signore”.
Ciò che più identifica l’isola di Noepe, in cui si svolge in buona parte la vicenda, è la presenza di due mondi separati in maniera invisibile dalla diversità delle due culture e tradizioni, ma più che mai vicini.
Il personaggio simbolo della fusione tra inglesi e indiani è Caleb, giovane nativo della tribù di Manitouwatootan, nonché nipote del potente stregone Tequamuck, quest’ultimo a differenza del giovane pur riconoscendo la superiorità del Dio degli inglesi non si fa coinvolgere dall’opera missionaria del padre di Bethia.
Molti sono gli aspetti che stupiscono Caleb riguardo alla religione cristiana, tra cui il peccato originale attribuito a tutti gli uomini, oppure come egli stesso afferma riferendosi al Dio unico, il fatto che “voi inglesi, che amate circondarvi di così tante cose, vi accontentiate di averne uno solo”.
La religione è infatti un’altra tematica fondamentale di questo testo ed è intesa soprattutto come motivo di confronto e di dibattito e non di scontro, infatti dopo qualche tempo Caleb si converte al cristianesimo, pur senza rinnegare completamente le sue origini.
L’amicizia che si crea tra due ragazzi apparentemente così diversi è sorprendente, poiché si basa sul rispetto delle rispettive culture e non su futili preconcetti.
In questo modo entrambi scoprono di essere persone simili, mosse dalle stesse passioni e dallo stesso amore verso la natura, al punto che Bethia tende a paragonare, anche se in modo implicito, Zuriel, suo fratello gemello morto in giovane età, a Caleb.
Ciò che accomuna in modo netto i due è la fame per la conoscenza, che a Bethia è negata, mentre a Caleb, dopo la conversione al cristianesimo, è offerta dal padre della protagonista.
L’attitudine allo studio e le grandi capacità di Caleb e di Joel, un altro nativo figlio di un amico del padre di Bethia, li condurranno a proseguire il loro percorso dapprima a Cambridge e poi ad Harvard, sempre seguiti da Bethia, la quale decide di andare a lavorare come domestica prima al college e poi all’università.
Finalmente tutto sembra andare per il verso giusto, dopo alcune difficoltà ad ambientarsi e dopo anni di sacrifici Caleb e Joel giungono in prossimità della laurea.
Ancora una volta il destino però si rivela crudele, questa volta nei confronti di Joel, diventato negli anni quasi un fratello per Caleb.
Il giovane muore in seguito al naufragio su un’isola molto vicina a Noepe, nel corso del viaggio di ritorno ad Harvard, luogo in cui Joel avrebbe dovuto tenere un’orazione durante la cerimonia di laurea, riservata agli studenti migliori.
A riguardo credo che sia molto efficace l’immagine utilizzata dalla narratrice “D’altro canto tale è la nostra condizione in questa valle di lacrime: la felicità è sempre un raggio di Sole fra le tenebre.”
Caleb fu quindi l’unico nativo ad ottenere la laurea quell’anno e divenne il protetto di Thomas Danforth, uomo di spicco di Charlestown.
Per l’ennesima volta il tempo dei festeggiamenti e della serenità è breve, in quanto durante la cerimonia di laurea, Caleb, provato da anni di privazioni e studio intenso, si ammala.
Durante questo periodo di sofferenza, Caleb in stato di semi-coscienza passa dal pronunciare frasi nella sua lingua madre a citare dei versi del Vangelo, come se la sua anima fosse combattuta.
Bethia allora mette in atto una sorta di pazzia, recandosi dallo zio di Caleb, il quale le rivela le sue visioni e le regala la sua cintura, da portare in dono a suo nipote. Caleb, dopo aver sentito ciò che le riferisce Bethia, passa dalle frasi e citazioni senza senso dei giorni precedenti, ad intonare la sua peana, il canto di morte della sua gente, “il canto dell’eroe che torna a casa”.
Ciò che risalta al termine della lettura è il percorso di emancipazione compiuto in parte da Bethia, la quale è riuscita ad accrescere le proprie conoscenze e a sposare un uomo colto e comprensivo, ma soprattutto da Caleb, ragazzo in grado di convincere e far ricredere tutti coloro che storcevano il naso sul suo conto.

“Avevo iniziato il mio viaggio seguendolo negli angoli più riposti del suo mondo e alla fine era stato lui ad approdare sulle vette più splendenti del mio”. (cit. Bethia)

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